Women just wanna have OR. La cantante americana Cindy Lauper, autrice di alcuni dei più grandi successi degli anni ’80, è nota anche per la sensibilità verso la parità dei diritti e di genere. Quale migliore occasione che sfruttare il titolo della sua canzone più famosa per intitolare un paper – Women Just Wanna Have OR: Young Researchers Interview Expert Researchers – che racconta storie di donne che hanno dedicato la loro vita alla ricerca operativa in matematica? Valentina Morandi, ricercatrice e docente di matematica alla Facoltà di Scienze e Tecnologie, è certamente una di quelle rappresentanti del gentil sesso che nella Operational Research (OR) – la branca della matematica che si occupa della risoluzione di problemi decisionali complessi e concreti – si divertono perché stanno facendo esattamente quello che hanno sempre sognato di fare, anche in un mondo che è ancora in larga maggioranza maschile. Ma che può cambiare, grazie all'impegno per il cambiamento culturale e di mentalità che alcune coraggiose e brave ricercatrici hanno portato avanti parallelamente a un’attività scientifica di eccellenza.
Il paper recentemente pubblicato da Morandi – in collaborazione con cinque giovani colleghe di vari atenei italiani ed europei – nella rivista SNOperations Research Forum si discosta dai tradizionali articoli scientifici che illustrano risultati e metodologie alla base di un progetto di ricerca. Consiste in una serie di interviste ad alcune delle docenti universitarie e ricercatrici più conosciute dell’OR a livello mondiale. Abbiamo chiesto alla giovane ricercatrice il perché di una scelta così insolita.
Valentina Morandi, cosa l’ha motivata a dedicare tempo ed energie a un paper che si situa oltre i limiti stretti della sua disciplina, l’OR?
L’obiettivo dell’articolo era fare il punto sul divario tra i sessi nel mondo accademico delle materie STEM (tecnologia, ingegneria e matematica) e in particolare nella disciplina in cui io e le co-autrici ci siamo specializzate. Volevamo capire quanta strada avevamo percorso negli ultimi due decenni e quanta ne rimanga ancora. In particolare, l’idea dell’articolo nasce dalle esperienze all’interno dell’associazione AIROyoung che riunisce i giovani ricercatori e docenti (al disotto dei 35 anni) nel campo della ricerca operativa, una comunità scientifica che è molto crescita negli ultimi anni. Gli incontri annuali (uno dei quali si è tenuto a Bolzano, nel 2020) che abbiamo organizzato ci hanno consentito di conoscere con tante figure di spicco del nostro settore di ricerca, molte delle quali donne. Ci siamo rese conto, inoltre, che nell’organizzazione la maggior parte erano persone di sesso femminile. Spontaneamente è quindi emersa l’idea di dedicare attenzione al tema della presenza femminile nell’OR e di capire quante fossero effettivamente le donne attive nella ricerca nella nostra disciplina. Abbiamo scoperto che non sono tante: in linea con la presenza femminile nelle materie STEM (tra il 5 e il 10%).
Qual è l’intento del paper?
Non è avanzare rivendicazioni da una prospettiva femminista. Nutre piuttosto un’ambizione informativa ed educativa al tempo stesso: desideravamo fotografare lo status quo della presenza femminile nel mio settore e, soprattutto, evidenziare percorsi di eccellenza. È un segnale che volevo lanciare alle giovani studentesse che stanno pensando a una carriera accademica nell’OR. La presenza o meno di donne in settori come quello ingegneristico è una questione preminentemente culturale e quindi da affrontare – non solo, ma anche – con strumenti culturali.
Chi sono le scienziate che avete scelto di intervistare e come sono state selezionate?
Ognuna delle sei protagoniste delle interviste che abbiamo fatto, è stata scelta per un motivo particolare: perché abbiamo ritenuto che la sua personale traiettoria fosse esemplificativa di alcune qualità che l’hanno portata a diventare una scienziata rispettata tanto quanto altri colleghi di sesso maschile.
Ci può fare qualche esempio?
La prima è Margarida Carvalho, la più giovane delle intervistate e molto attenta alla gender equality nel nostro campo. Carvalho afferma di non aver mai patito alcuna forma di maschilismo. Va detto che fa ricerca e insegna in Canada, un Paese avanzato per quanto riguarda le politiche paritarie. Lei ha però sollevato una questione importante e cioè che molte brave studentesse nel campo Stem poi diventano insegnanti e non proseguono con la ricerca e la docenza universitaria. C’è Anna Nagurney tra le scienziate più conosciute dell’OR, che ha conosciuto e collaborato con i fondatori della disciplina. Dolores Romero Morales, spagnola,che insegna a Copenhagen, invece insiste nella promozione delle materie STEM nelle scuole medie e superiori come strada maestra per affrontare il problema della disparità della presenza femminile nel settore. La quarta è Ivana Ljubic,di origini serbe e docente dell’Essec a Parigi, anche lei molto attenta alle tematiche di genere. Abbiamo poi intervistato Martine Labbé, la prima donna ad essersi aggiudicata la EURO Gold Medal, il Sacro Graal della OR, assegnato ogni anno dall’associazione europea di OR a chi si è distinto per le prestazioni intellettuali più brillanti. Lei è stata la prima e unica donna finora ed è certamente una role model. La qualità delle studentesse che ha fatto crescere dal punto di vista della ricerca testimonia il suo impegno verso la parità di genere. Infine, last but not least, abbiamo deciso di inserire Grazia Speranza,già vice-rettrice dell’Università di Brescia e presidente della più grande organizzazione OR al mondo, IFORS: una persona brillante e con una straordinaria forza di volontà, che si è spesa molto per la parità di genere in molteplici modi.
Il video di "Girls Just wanna have fun" della cantante Cindy Lauper che ha ispirato il titolo del paper di Valentina Morandi.
Qual è il Suo giudizio sulla situazione della parità di genere alla Libera Università di Bolzano?
Rispetto alle mie precedenti esperienze in altri atenei italiani, vedo che c’è decisamente più attenzione. Esiste un comitato per le pari opportunità che, tra le altre cose, confeziona una ottima newsletter dedicata. Ovviamente, esistono sempre margini di miglioramento ma penso sia un processo graduale.
Da questo punto di vista, qual è stata la Sua personale esperienza di donna e ricercatrice di OR?
Io ho sempre avuto una referente donna durante la mia carriera accademica e non ho mai sofferto discriminazioni di genere. Oggi insegno nei corsi di ingegneria e noto che la stragrande maggioranza degli studenti è di sesso maschile e anche i ricercatori nel settore sono perlopiù uomini. Negli ultimi dieci anni, le cose sono molto cambiate: ad esempio, ci sono molte più donne nei board editoriali delle più importanti riviste. Ancora molto penalizzante è il fenomeno cosiddetto della leaky pipeline: molte donne dopo la laurea in materie Stem abbandonano gli studi, propendendo per una carriera da insegnante, e la percentuale di donne nel settore decresce al crescere dell’importanza del ruolo accademico. C’è bisogno di un cambio di mentalità e di un incoraggiamento e l’obiettivo dell’articolo è proprio quello: se la tua passione è la matematica, non ti fermare, portala avanti a livello di ricerca universitaria, magari guardando agli esempi che abbiamo mostrato nel paper.
Le rivolgo la stessa domanda che, in chiusura di intervista, voi autrici avete rivolto alle docenti protagoniste: cosa La ispira maggiormente della ricerca in OR oggigiorno?
Per me l’OR è affascinante perché mi mette a confronto con problemi reali. Ho l’opportunità di incidere positivamente sulla vita della società. Cosa può motivare di più le nuove leve della ricerca al femminile che l’emozione data dalla risoluzione delle difficoltà concrete delle persone e delle aziende?
(zil)