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„Zur Übertragung dieser Bakterien gibt es gerade bei der Apfeltriebsucht noch zahlreiche offene Fragen“, sagt Hannes Schuler, Forscher an der Fakultät für Naturwissenschaften und Technik und Leiter des länderübergreifenden Forschungsprojekts auf Seiten der unibz. „So ist beispielsweise bis heute nicht vollständig geklärt, ob der Weissdornblattsauger, eine der beiden Insektenspezies, die für die Übertragung von Besenwuchs verantwortlich gemacht werden, tatsächlich Vektor, also Überträger, dieser Pflanzenkrankheit ist.“ Im Nordwesten Italiens sei dies zwar mittlerweile wissenschaftlich belegt. „Gleichzeitig gibt es aber Studien aus Deutschland, die nachweisen, dass der Weissdornblattsauger ein schlechter Überträger ist“, so Schuler. Deshalb liege nahe, dass es bei der Übertragungseffizienz von Phytoplasmen regionale Unterschiede gibt. Welcher Faktor diese Unterschiede beeinflusst, ist derzeit jedoch unklar.
Solche und andere Fragen will das länderübergreifende Forschungsteam in den kommenden drei Jahren mit Hilfe populationsgenetischer Methoden klären. Dazu wird einerseits das Genom verschiedener Insektenpopulationen sequenziert und charakterisiert. „Gleichzeitig werden wir aber auch die Genome unterschiedlicher Bakterien sequenzieren, die mit dem Insekt assoziiert sind“, sagt Schuler. Denn diese könnten eine entscheidende Rolle spielen, die Aufnahme und Übertragung von Phytoplasmen zu hemmen. „Zudem werden wir auch Phytoplasmen aus den unterschiedlichen Regionen genetisch charakterisieren, um zu verstehen, ob Veränderungen in deren Erbgut die Übertragung beeinflussen.“ In einer experimentellen Phase wollen die Wissenschaftler schließlich Insekten aus unterschiedlichen geographischen Regionen auf Phytoplasma-infizierten Bäumen aussetzen. So soll getestet werden, welche Tiere in der Lage sind, Phytoplasmen aufzunehmen und auf gesunde Pflanzen zu übertragen. „Ziel ist es, herauszufinden, ob die Übertragung von Phytoplasmen vom Genotyp des Insekts, seinen Bakterien oder vom Phytoplasma-Stamm abhängt“, so Hannes Schuler.
Möglich wurde das Projekt dank eines Abkommens, das die Autonome Provinz Bozen mit dem Fonds zur Förderung der wissenschaftlichen Forschung (FWF), Österreichs zentraler Einrichtung zur Förderung der Grundlagenforschung, abgeschlossen hat. Demnach können die Provinz Bozen und der FWF sogenannte Joint Projects, also internationale Kooperationsprojekte zwischen Österreich und Südtirol, gemeinsam fördern. Voraussetzung dafür ist eine hohe wissenschaftliche Qualität der Projekte auf internationalem Niveau. Dies zu gewährleisten ist Aufgabe des FWF, der alle Anträge von internationalen Experten bewerten lässt. „Es ist sicherlich eine Auszeichnung für die unibz, dass unser Projekt als exzellent evaluiert wurde“, freut sich Hannes Schuler. Insgesamt stehen dem österreichisch-Südtiroler Forschungsteam für die kommenden drei Jahre fast 600.000 Euro zur Verfügung, die je zur Hälfte von der Provinz Bozen und dem FWF zur Verfügung gestellt werden. Als wissenschaftliche Kollaborationspartner konnten dagegen das Versuchszentrum Laimburg, das Landwirtschaftsinstitut der Fondazione Edmund Mach in San Michele sowie die Universität Turin gewonnen werden.
„Für die Freie Universität Bozen und die Fakultät für Wissenschaft und Technologie ist die Genehmigung des Projektes ein Beleg dafür, dass unsere Forscher mit ihren Themen auch für international renommierte Partner interessant sind und im Wettbewerb mit anderen Einrichtungen bestehen können“, unterstreicht Prof. Matthias Gauly, Prodekan der Forschung der Fakultät für Naturwissenschaften und Technik. Zudem sei mit dem Projekt ein Thema verbunden, das nicht nur für die Entwicklung dieses Wissenschaftsbereiches an der unibz wichtig, sondern zugleich für Südtirols Landwirte von großer Bedeutung ist. „Die umfangreiche Erforschung von Pflanzenkrankheiten und Schädlingen ist schließlich die Grundlage für die Weiterentwicklung einer nachhaltigen Pflanzenschutzstrategie in Südtirol“, so Matthias Gauly.
su/30.10.2019
Da qualche tempo ormai è scomparsa dai titoli dei giornali. Ma in due grandi ondate, la principale malattia che affligge i meli, gli scopazzi, ha portato allo sradicamento di milioni di alberi alla fine degli anni Novanta e a metà degli anni Duemila. Un progetto di ricerca triennale della Libera Università di Bolzano e della BOKU di Vienna ora vuole esplorare nuove possibilità per debellare questa minacciosa malattia vegetale. L’obiettivo dei ricercatori è acquisire nuove conoscenze sulla complessa biologia della trasmissione dei fitoplasmi.
“Vi sono ancora numerose questioni aperte relativamente alla trasmissione di questi batteri, in particolare nel caso degli scopazzi del melo”, afferma Hannes Schuler, ricercatore della Facoltà di Scienze e Tecnologie e responsabile del progetto di ricerca transnazionale, “ad oggi, ad esempio, non è stato ancora completamente chiarito se la Cacopsylla melanoneura, la psilla del biancospino, una delle due specie di insetti che si ritengono responsabili della trasmissione degli scopazzi, sia effettivamente un vettore di questa patologia vegetale”. Nel nord-ovest dell’Italia, questo è ormai scientificamente provato. “Allo stesso tempo, tuttavia, ci sono studi dalla Germania che dimostrano che laggiù, la Cacopsylla melanoneura è un cattivo vettore”, aggiunge Schuler. È ovvio che esistano differenze regionali nell’efficienza di trasmissione dei fitoplasmi. Tuttavia, attualmente non è chiaro quale sia il fattore che influenza queste differenze.
Il gruppo di ricerca internazionale spera di chiarire queste e altre questioni nei prossimi tre anni utilizzando metodi basati sulla genetica della popolazione. Da un lato, il genoma di diverse popolazioni di insetti sarà sequenziato e caratterizzato. “Allo stesso tempo, sequenzieremo anche i genomi di diversi batteri associati all'insetto”, spiega Schuler. Queste ultime potrebbero svolgere un ruolo decisivo nell’inibire l’assorbimento e il trasferimento dei fitoplasmi. “Inoltre, caratterizzeremo geneticamente i fitoplasmi di diverse regioni per capire se i cambiamenti del loro genoma influenzino la trasmissione”, sottolinea il ricercatore. In una fase sperimentale, gli scienziati prevedono di esporre gli insetti provenienti da diverse regioni geografiche ad alberi infetti da fitoplasma. L’obiettivo è testare quali animali sono in grado di assorbire i fitoplasmi e trasferirli a piante sane. “Lo scopo è quello di scoprire se il trasferimento dei fitoplasmi dipende dal genotipo dell’insetto, dai suoi batteri o dal ceppo di fitoplasma”, chiarisce Hannes Schuler.
Il progetto è possibile grazie a un accordo concluso dalla Provincia Autonoma di Bolzano con il Fonds zur Förderung der wissenschaftlichen Forschung (FWF, Fondo per la promozione della ricerca scientifica ndt.), l’istituzione centrale austriaca per la promozione della ricerca di base. Secondo l’accordo, la Provincia di Bolzano e la FWF possono finanziare congiuntamente progetti comuni. Il prerequisito è un’elevata qualità scientifica dei progetti a livello internazionale. Questo è il compito della FWF, che prevede la valutazione delle domande da parte di esperti internazionali. “Il fatto che il nostro progetto sia stato valutato come eccellente è sicuramente motivo di soddisfazione per l’ateneo”, afferma Hannes Schuler. L’équipe di ricerca austriaca-altoatesina avrà a disposizione quasi 600.000 euro per i prossimi tre anni, metà dei quali saranno messi a disposizione dalla Provincia di Bolzano e metà dalla FWF. Il Centro di Sperimentazione Laimburg, la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige e l’Università di Torino saranno coinvolti come partner scientifici.
“Per la Libera Università di Bolzano e la Facoltà di Scienze e Tecnologie, l’approvazione del progetto è la prova che i nostri ricercatori e le aree tematiche su cui lavorano, destano l’interesse anche di partner di fama internazionale e possono competere con altre istituzioni di ricerca”, commenta il prof. Matthias Gauly, vice-preside alla ricerca della Facoltà di Scienze e Tecnologie. Il progetto, inoltre, riguarda una problematica di importanza fondamentale non solo per la ricerca ma anche per gli agricoltori locali. “Una ricerca approfondita sulle fitopatie e sui parassiti è la base per l’ulteriore sviluppo di una strategia sostenibile per la protezione delle piante in Alto Adige”, conclude Gauly.
zil/30.102019